Sottotipi dell’ADHD
Come più volte descritto, il DSM-V ammette la possibilità di porre una diagnosi di DDAI a casi piuttosto eterogenei tra di loro, ad esempio, un bambino estremamente iperattivo riceverà la stessa diagnosi di DDAI di uno incapace di concentrazione, ma assolutamente calmo e tranquillo.
Sono stati condotti diversi studi per verificare la presenza di sottotipi all’interno del DDAI, in parte per giustificare la proposta del DSM-V in parte per isolare altri sottotipi, differenti tra di loro sia dal punto di vista cognitivo-comportamentale, che eziologica.
In effetti i tre sottotipi del DSM-V descrivono campioni di bambini molto eterogenei tra di loro, soprattutto per quel che riguarda la comorbidità, il background familiare, il decorso temporale e la risposta alla terapia farmacologica.
Lahey e Carlson (1992) hanno dimostrato che i bambini con DDAI – sottotipo disattento presentano maggiori problematiche emotive (ansia o disturbi dell’umore), sono più timidi e ritirati socialmente. Quelli con DDAI – sottotipo combinato e sottotipo iperattivo-impulsivo si oppongono più frequentemente alle richieste degli adulti, sono più aggressivi e, nel 30% dei casi, ricevono una seconda diagnosi di Disturbo della Condotta o di Disturbo Oppositivo-Provocatorio (Satterfield et al., 1997).
Anche Standford e Hynd (1994) hanno riscontrato delle differenze significative
nelle valutazioni degli insegnanti: il sottotipo disattento è più isolato, più
“sognatore ad occhi aperti”, più timido, maggiormente “sottoattivato” e in parte
simile al gruppo con Disturbi di Apprendimento. I bambini con iperattività manifestano
maggiormente alcuni sintomi tra cui: “agire prima di pensare”, “cambiare spesso
attività”, “non attendere il proprio turno” e “gridare in classe”. I tre sottotipi
di DDAI si differenziano anche per l’età in cui ricevono una diagnosi di DDAI:
il sottotipo iperattivi-impulsivo vengono diagnosticati prima del sottotipo combinato
e a sua volta prima del sottotipo disattento (Faaraone et al., 1998): secondo
alcuni autori non è chiaro se questo fenomeno sia da attribuire al fatto che i
comportamenti iperattivi sono più evidenti in età precoce, oppure se sia il frutto
dell’evoluzione del disturbo (Barkley, 1998).
Secondo lo studio di Faraone et al. (1998), non esistono sostanziali differenze
nel profilo cognitivo e psico-sociale dei tre sottotipi, se non nella maggior
presenza di problematiche scolastiche del gruppo con disattenzione prevalente.
I tre sottotipi sono comparabili per quanto riguarda il rischio di altre patologie,
le prestazioni ai test cognitivi di apprendimento.
Un risultato contrastante con quanto affermato da Faraone e collaboratori (1998)
lo ha ottenuto Nigg (in corso stampa) il quale ha somministrato una batteria neuropsicologica
ad un gruppo con DDAI-combinato e ad uno con DDAI-disattento. La batteria indagava
le cosiddette funzioni esecutive (Lyon et al., 1996) e in particolare, l’inibizione
comportamentale, l’interferenza, la pianificazione, il set-shift e la memoria
di lavoro. Dalla ricerca di Nigg (in corso di stampa) è emerso che il sottotipo
combinato ha un deficit specifico di inibizione comportamentale (un concetto quasi
sovrapponibile all’impulsività, Barkley, 1997), cioè questi bambini sembrano incapaci
di interrompere un’azione malgrado sappiano sia inappropriata. I DDAI-disattenti
avrebbero soprattutto problemi di pianificazione (misurato con il Test della Torre
di Londra di Krikorian et al., 1994) e di set-shift (misurato con il Trialmaking
di Reitan. 1979). Inoltre i soggetti disattenti hanno una prestazione deficitaria
al test di Stroop parola/colore che indaga la capacità di controllare le interferenze;
in realtà tale prestazione deficitaria sembra imputabile (il risultato è stato
ottenuto da analisi statistiche) più ad un disturbo di lettura che non di inibizione
di interferenze. Nessuna differenza esiste tra i due gruppi con DDAI e di controllo
alla prova di memoria di lavoro visuo-spaziale.
Ancor più interessante appare uno studio di Dane, Schachar e Tannock (2000) che
ha confrontato il livello di attività, attraverso le registrazioni di un actigrafo,
di tre gruppi di bambini: uno con DDAI-disattento, uno con DDAI-combinato e uno
di controllo.
Nell’arco della mattinata i tre gruppi non manifestavano livelli di attività
differente, però nel pomeriggio i bambini con DDAI erano più attivi rispetto a
quelli di controllo. È da segnalare soprattutto che non c’era alcuna differenza
significativa tra i due sottotipi con DDAI (disattento e combinato). Pertanto
se è vero, che i bambini con DDAI sono più attivi degli altri, non sembra altrettanto
vero che ci sia una drammatica differenza tra gli iperattivi e disattenti; inoltre
sembra confermato che l’iperattività sia una manifestazione
che dipende da fattori temporali e situazionali.
Questi risultati, apparentemente insoliti, trovano parziale supporto in un’altra
ricerca di Marks et al. (1999) i quali hanno applicato un actigrafo e somministrato
un Continuous Performance Test a bambini con DDAI, allo scopo di individuare dei
sottotipi che mostrassero differenze nelle prestazioni cognitive e comportamentali.
Marks e collaboratori (1999) conclusero che esistono quattro sottotipi di DDAI:
uno con
disattenzione, uno iperattività, uno disattenzione-iperattività e uno disattenzioneimpulsività.
Il risultato sorprendente è i soggetti del sottotipo con disattenzioneimpulsività
venivano valutati dai loro genitori come iperattivi, sebbene secondo le misurazioni
dell’actigrafo, questo non fosse vero. A nostro modo di vedere il contrasto tra
questi risultati può trovare parziale spiegazione nell’eterogeneità dei campioni
studiati: l’età dei gruppi erano diverse (abbiamo già discusso dell’evoluzione
dei sintomi del DDAI), i gruppi erano stati diagnosticati con metodi diversi,
per cui le suddivisioni in sottotipi non erano completamente sovrapponibili.
Da un punto di vista squisitamente cognitivo, altre ricerche suggeriscono che
i bambini con disattenzione prevalente manifestano soprattutto difficoltà nelle
componenti di selezione e focalizzazione dell’attenzione, e sono meno accurati
nell’elaborazione delle informazioni (Barkley, DuPaul & McMurray, 1990); quelli
del sottotipo combinato commettono numerosi errori di perseverazione e hanno difficoltà
nell’inibire le informazioni irrilevanti per l’esecuzione di un compito (Barkley,
1997).
In base a risultati emersi dalle valutazioni cliniche di un campione di 140 bambini
con DDAI presso la Clinica del Maudsley Hospital di Londra, il prof. Taylor ha
proposto la suddivisione del DDAI in sei sottotipi. Il primo sottogruppo (composto
di 40 casi) presenta sia iperattività che comportamenti oppositivi (a volte si
trasformano in un vero e proprio disturbo della condotta), molto probabilmente
sono bambini che non sono stati accettati e compresi dagli adulti, a causa del
loro eccessivo movimento, sono stati trattati con modalità ostili e aggressive,
e questi ultimi, a loro volta, hanno appreso un certo schema di comportamento.
Il secondo sottotipo è composto di 26 casi che presentano un’iperattività pervasiva
(presente in tutti i contesti ambientali) e vengono definiti ipercinetici; questi
bambini presentano ritardi di maturazione dal punto di vista linguistico e motorio
(è molto probabile che l’eziologia di questa sindrome sia distinguibile dagli
altri sottotipi). Il terzo sottogruppo raccoglie 26 bambini che presentano sia
iperattività che oppositività, però solamente nel contesto scolastico: sono alunni
che solitamente presentano anche ritardi di apprendimento. Il quarto gruppo è
composto da 13 bambini che presentano uno specifico problema attentivo, senza
iperattività o impulsività. Il quinto sottotipo è costituito da 24 casi che manifestano,
oltre al DDAI, anche problematiche emotive, soprattutto ansia, ma anche disturbi
dell’umore.
Si tratta di un sottotipo raramente riconosciuto, che presenta lievi deficit
cognitivi e non risponde ai trattamenti con psicostimolanti. L’ultimo sottogruppo
è composto di 11 casi con sintomi del DDAI in associazione a tratti artistici:
comportamenti stereotipati, disturbi nella comunicazione o difficoltà nell’interazione
sociale.
Da questa rapida rassegna di studi emerge che attualmente non esiste una posizione univoca circa le caratteristiche psicologiche dei sottotipi di DDAI, pertanto altri studi sono necessari per verificare la plausibilità della proposta del DSM-IV oppure se esistano altre possibili suddivisioni.